E’ domenica 6 maggio 1962 quando, alle 20,30,il presidente della Camera Leone pronuncia per la 428.ma volta il nome di Antonio Segni. Il professore sassarese è eletto presidente della Repubblica.
E’ stata una faticaccia. Proprio mentre si comincia a parlare con sempre maggiore convinzione del centrosinistra, la maggioranza ha espresso due candidati, dietro i quali si intuiscono due schieramenti fortemente contrapposti: uno di centro-destra, che appoggia Antonio Segni, e uno di sinistra (e di centrosinistra) che appoggia Giuseppe Saragat. Per decidere ci sono volute nove votazioni. Alla prima Segni ottiene 333 voti, Umberto Terracini (per cui votano i comunisti) 200, Sandro Pertini (per cui votano i socialisti) 120, Augusto de Marsanich (per cui votano i missini e i monarchici) 40, Saragat 42, ci sono anche 20 voti per Gronchi, che non ha abbandonato l’idea di essere rieletto. Si va verso lo stallo, tanto che sabato Saragat scrive a Moro, segretario della Dc, dichiarando che si ritirerà se Segni farà altrettanto. La Dc rifiuta, si va alla conta finale.
Alla sesta votazione Segni, che avanza lentamente, ha 399 voti; alla settima arretra di una decina, ma alla ottava gliene mancano solo 4 per arrivare al quorum.
La votazione decisiva è la nona. Segni prenderà in tutto 443 voti, Saragat 334: per Segni hanno votato quasi tutti i dc e le destre, per Saragat socialisti, comunisti, socialdemocratici e repubblicani. Ci sono anche 51 schede bianche e una decina di voti dispersi. Grande supporter di Segni è stato, nell’occasione, Francesco Cossiga, che conquista sul campo i galloni di luogotenente. Si dice anche che a favore di Segni abbia lavorato un gruppo di parlamentari sardi che hanno votato al di sopra o addirittura contro le indicazioni dei propri partiti: li chiameranno “la Brigata Sassari”.