9 maggio 1738

9 maggio 1738

9 maggio 1738: il viceré marchese di Rivarolo appena giunto in Sardegna mostravasi tutto zelo nello sterminare i numerosi malfattori che la infestavano.

Cominciò col fare impiccare quanti capitavano sotto le sue unghie, erigendo le forche nel luogo del delitto.

Con pregone del 9 maggio 1738 ordina la tonsura delle lunghe barbe…:

«Attesoché l’uso di portar le barbe cresciute, che in certo genere di persone serve di edificazione, riesce in altre d’indecenza e di scandalo, il che singolarmente si esperimenta in questo regno,

in cui questo, che anticamente fu costume abbominevole d’alcuni dipartimenti, che per la barbarie di tal costume si guadagnarono la denominazione di barbagie, ed i suoi abitanti di barbaracini, s’osserva in oggi introdotto in tutti i dipartimenti,

che avendolo forse nel suo principio adottato per una delle singolarità stravaganti del lutto solito farsi dai villani in occasione del decesso dei loro parenti

(singolarità soltanto praticata dagli ebrei)

si è poi cangiata in essere distintivo di banditi e fuorusciti, che con simile fiorenza di sembiante credono d’incutere maggior terrore ed essere meno conosciuti negli assalimenti nelle strade reali e nei loro omicidii proditorii e per vendetta…

In tal uso tanto vantaggio hanno trovato i malviventi che molti i quali non hanno ancora barba lunga naturale, la portano falsa e posticcia nel tempo in cui vanno a commettere dei delitti…

Pertanto ordiniamo che nessuno possa in avvenire, nemmeno per motivo di lutto, portar la barba cresciuta più di un mese,

e che tutti quelli che l’avranno debbano levarsela fra quindici giorni dopo la pubblicazione del presente, sotto pena ai contravventori di quattro scudi e di un mese di carcere per la prima volta;

del doppio per la seconda, oltre altre pene arbitrarie riservate al nostro arbitrio contro i più ostinati»

Redazione

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