Dal 1986 al 1989: la storia della Carlo Delfino editore.

Dal 1986 al 1989: la storia della Carlo Delfino editore.
Dalle 200 fotografie di Oristano al Vocabolario italiano-sassarese

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1986

Vico Mossa ritorna, insieme al professor Giuseppe “Peppetto” Pau, questa volta per scandagliare con il suo sguardo acuto l’anima di una città fra le più importanti della Sardegna. Si parla di Oristano, al centro-sud dell’isola, città di terra e di mare, dalla ricca storia e dagli affascinanti monumenti, naturali o costruiti per mano dell’uomo, che l’opera Oristano e il suo volto racconta con l’ausilio di circa 200 fotografie, scattate per la maggior parte da Nino Solinas.

Si tratta di un’opera che non vuole essere unicamente compendio di bellezze storiche e paesaggistiche ma che le racconta attraversandole, trovandone i fili conduttori e riannodandoli così al presente come al tempo che fu, evidenziando scorci di quel volto di cui si parla nel titolo e che la città di Oristano può vantarsi di aver posseduto oltre che, in molti casi, possedere e vivere ancora oggi.

Si parla dell’acqua e del suo ruolo, diviso tra il dolce del Tirso e il salato del Golfo, in un territorio solcato da più di 150 chilometri di fiume che vanno a tuffarsi nelle acque del Mare Nostrum dopo aver attraversato anse e pendii, rocce e boscaglia, canneti e zone di laguna.

Sfogliando le pagine, lungo il percorso delineato da Mossa e Pau, ci si imbatte in territori da sempre rinomati per la generosità del loro pescato, ma anche in zone montuose e pianeggianti, adatte al pascolo e alla coltivazione di vigneti, oliveti e frutteti.

Non mancano, in questo excursus, i rinvenimenti preistorici. Basti pensare agli insediamenti di Bau Porcus e San Quirico Fenosu per la produzione di manufatti in ossidiana fiorita, e Bau Mendula per il ritrovamento di un nuraghe polilobato, con annesso villaggio di capanne tutt’intorno alla struttura.

Più vicino a noi, nella linea temporale, si passa per l’antica città di Othoca, “contesa” tra i territori di Oristano e Santa Giusta e per quella di Tharros. Le foto immortalano anche quanto resta dell’ormai perduta Porta a mare, voluta da Mariano III d’Arborea e demolita nel 1907 allo stesso modo di quanto restava del castello, della Torre Portisceddu e della residenza dei giudici.

Fra le architetture sacre citiamo brevemente la Cattedrale, l’Episcopio e il Seminario, senza dimenticare la Chiesa della Maddalena, quella di San Giovanni di Sinis, la Cattedrale di Santa Giusta, la Parrocchiale e l’Oratorio delle Anime di Massama.

La presentazione del volume nella Biblioteca comunale di Oristano ha offerto, a suo tempo, interessanti spunti di dibattito in città.

L’avvocato Cesare Tola, allora presidente del Centro Studi Arborense, invitò i presenti a gustare il saporito mix che si viene a creare nel libro, frutto della collaborazione tra un architetto e uno storico nonché poeta.

L’allora assessore Paolo Sulis suggerì l’opportunità della lettura di un testo come Oristano e il suo volto per colmare un vuoto conoscitivo.

Il professore di storia medioevale Cesare Casula ha sostenuto con forza: «Una città come la nostra, incredibilmente importante nella storia sarda, italiana ed europea ha bisogno di una generale rivalutazione. Scandalosa è l’omissione, in tutti i manuali del periodo giudicale, del nostro medioevo che, al contrario di quello italiano ed europeo, fu un periodo di straordinaria crescita civile, politica e culturale.» (Così Bruno Orrù in un suo pezzo dell’epoca pubblicato da La Nuova Sardegna).

Dello stesso anno è stata la pubblicazione del volume curato da Ignazio Camarda Sabina Falchi e Graziano Nudda, dal titolo L’ambiente naturale in Sardegna, un compendio di 576 pagine, con tavole e disegni in bianco e nero e 129 fotografie a colori.

L’opera, che ha avuto una seconda edizione riveduta e corretta nel 1998 esaurendosi in breve tempo, è stata concepita per la preparazione a un concorso regionale per guardie forestali.

A questo proposito, si è scelto di inserire tutta la normativa prevista dal bando di concorso agenti forestali, aggiornata al 2005.

Il volume, 17×24 in brossura, raccoglie 31 schede di specialisti che illustrano e descrivono ogni aspetto della natura in Sardegna, dalla geologia al clima, dalla situazione della flora boschiva alla fauna terrestre e marittima, passando per la tutela ecologica e la salvaguardia dell’ambiente.

1987

Paolo Loddo è autore di un’opera unica nel suo genere, destinata a fare epoca e costituire un importante tassello nella storia dell’artigianato locale.

Si tratta di Arte tessile in Sardegna, un volume di 280 pagine, rilegato in tela e illustrato con 99 tavole a colori, frutto di lunghe e meticolose ricerche compiute nel corso di diversi anni anche grazie alla consulenza di alcuni gruppi di esperte artigiane tessili, che hanno messo a disposizione la loro esperienza insieme a quello che oggi possiamo definire tutto il know-how di quest’arte.

Una delle peculiarità dell’opera consiste nell’analizzare il significato iconografico dei motivi ricamati sui tessuti, un simbolismo spesso frutto del contesto storico e culturale all’interno del quale il prodotto artigianale viene realizzato.

Riscopriamo, così, come nel tessuto sardo predomini il simbolismo religioso insieme a quello floreale, ma non manchino neppure riferimenti a scene di vita quotidiana di epoche lontane, il richiamo alla fauna locale e a motivi ornamentali puramente geometrici.

Recenti documenti che hanno permesso di approfondire gli studi del settore, facilitano l’affermazione di un’influenza orientale e bizantina sulle decorazioni di molti elaborati, suscitando non pochi interrogativi sugli apporti ellenistici e romani.

Il volume è arricchito da una presentazione di Salvatore Naitza, professore di Storia dell’Arte Contemporanea preso la Facoltà di Lettere dell’Università di Cagliari, in cui viene fornita una chiave di lettura delle creazioni artistiche isolane attraverso una loro precisa analisi estetica.

Il libro contiene un’analisi del fenomeno del collezionismo e si conclude con una vasta panoramica della letteratura sul tema, insieme a una sorta di dibattito cartaceo tra studiosi del folclore, storici e critici, sul concetto di arte popolare.

Il volume Agrumicoltura, raccoglie gli studi presentati nel corso del Convegno su “Il recente contributo della ricerca allo sviluppo dell’agrumicoltura italiana”, tenutosi a Cagliari tra l’aprile e il maggio 1986.

Si tratta di un volume in brossura di quasi 800 pagine, molto importante per chi opera nel settore, che contiene, tra i numerosi contributi, una presentazione di Antonio Milella, prima Preside della Facoltà di Agraria, dal 1972 al 1973, e successivamente rettore dell’Ateneo sassarese per ben diciotto anni.

I nomi di luogo della Sardegna rappresenta l’opus magnum di Giulio Paulis, docente di glottologia e linguistica presso l’Università di Cagliari nonché curatore delle traduzioni delle opere dedicate alla lingua sarda da parte del linguista e glottologo Max Leopold Wagner.

Il libro, che nonostante la sua consistenza di oltre 500 pagine è in realtà solo un primo volume, presenta un repertorio sistematico di toponimi sardi antichi e moderni che, come scrisse Antonio Romagnino in una sua recensione dell’epoca pubblicata su La Nuova Sardegna, è «frutto di un’analisi esaustiva del tutto nuova rispetto agli studi precedenti di scarso valore scientifico (fatta eccezione per Benvenuto Terracini che ne scrisse nel 1927), generalmente occasionali, settoriali e parziali, mancanti di una visione globale e di un repertorio completo.»

L’autore raccoglie più di centomila toponimi, ricavati dalla carta topografica d’Italia dell’Istituto Geografico Militare, dalla immensa banca dati dei catasti e dalle Tavole Censuarie corredandoli alla fine con un glossario etimologico.

Il lavoro ha richiesto lunghi mesi di ricerca e raccolta e ha ottenuto diversi consensi da parte del mondo scientifico.

Chiudiamo con la ristampa anastatica di un libro di Enrico Costa, pubblicata nel 1913 dall’Editore Dessì e riproposta per le edizioni Delfino con un’inedita prefazione di Antonello Satta.

Si tratta dell’elegante volume Costumi sardi, una raccolta che ripropone in versione integrale il testo del Costa (con l’aggiunta delle parti storiche eliminate nell’edizione di inizio secolo scorso) più le illustrazioni riprodotte dalle stampe dell’Album, pubblicato in edizione di lusso nel 1901.

Al volume dedicò una sua recensione il compianto Ignazio Delogu, nella quale sono riportati aneddoti curiosi riguardo i contenuti dell’opera.

Apprendiamo, per esempio, che le donne di Sanluri accettarono di coprirsi ulteriormente il seno con un “parapetto”, un fazzoletto consigliato dai sacerdoti del paese, al fine di non mostrare troppo le proprie grazie durante i viaggi al mercato ortofrutticolo.

Ma al di là degli aspetti più pepati riguardanti l’abbigliamento femminile, il libro del Costa raccoglie una notevole quantità di informazioni anche circa gli aspetti storici e culturali di alcune località isolane come Osilo, Aritzo, Desulo, Fonni, Iglesias, Sennori, Quartu Sant’Elena, Atzara, Ploaghe, Cabras e Porto Torres.

1988

L’architettura del Medioevo in Sardegna venne pubblicato per la prima volta nel 1953 ad opera di Raffaello Delogu, già Ispettore nel ruolo delle Antichità e Belle Arti e in seguito Reggente della Soprintendenza ai Monumenti e alle Gallerie, nonché della Soprintendenza alle Antichità della Sardegna, istituite sotto la dittatura fascista.

L’opera fu pubblicata su invito di Antonio Segni come primo volume di una collana, edita dal Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale delle Antichità e Belle Arti, volta ad illustrare il patrimonio architettonico delle singole regioni italiane e la loro peculiare fisionomia artistica.

Al volume, ritenuto subito dalla critica nazionale ed estera di alto valore scientifico, fu assegnato il “Premio Nazionale Olivetti 1956”.

Sintesi di una lunga ricerca che l’autore proseguì, tra alti e bassi, fino alla sua morte, il testo rappresenta la narrazione viva e unitaria di quella che è stata una grande epoca artistica isolana e ritorna, in questa ristampa fedele all’originale, come punto di riferimento insostituibile per gli studiosi odierni.

In tema di ristampe, segnaliamo anche il cartonato con sovraccoperta realizzato da Manlio Chiappini, dal titolo Guida alla flora pratica della Sardegna, che esce in una nuova edizione riveduta e corretta dopo la prima del 1985.

Si tratta di un compendio che annovera un ampio numero di specie vegetali fra le circa duemila sparse sul territorio dell’isola, con particolare attenzione a quelle più utili a scopo ornamentale, produttivo o medico.

Uno dei valori intrinseci dell’opera, al di là dell’ineguagliabile contributo scientifico, viene fissato dalle parole dell’allora Assessore regionale dell’Agricoltura Giovanni Battista Zurru nella sua presentazione, quando dice che il libro costituisce:

«[…] anche un segno del mutamento culturale che si è registrato in questi ultimi anni nei Sardi: la coscienza, cioè, che prima di chiedere solidarietà all’esterno, dobbiamo noi stessi costruirci un futuro, sfruttando tutte le risorse che la nostra bella Isola ci può offrire e che generosamente ci ha sempre offerto. Anche quando non ce ne siamo accorti. Questo significa che non possiamo più limitarci a sapere che possediamo una risorsa in più. Dobbiamo operare perché questa risorsa sia sfruttata qui in Sardegna, per la Sardegna.»

Allo stesso filone appartiene Biotopi di SardegnaGuida a dodici aree di rilevante interesse botanico, un volume curato da Ignazio Camarda e Andrea Cossu, e contenente i contributi di diverse personalità del mondo accademico.

Il libro è stato realizzato in occasione dei cento anni della Società Botanica italiana e si pone come scopo quello di «far conoscere il patrimonio botanico e ambientale di una terra in continua trasformazione.» (così sulla recensione di Gardenia in un numero di quegli anni).

Tra le varie iniziative a scopo divulgativo e promozionale dell’opera segnaliamo due mostre che si sono tenute a Oristano e Nuoro, la prima dal 17 al 30 settembre 1988, la seconda dl 3 al 17 giugno 1989, consistenti nell’esposizione di materiale tratto dal lavoro in oggetto.

Segnaliamo ancora altri due lavori pubblicati quest’anno.

Il primo è Garibaldi sardo di elezione, un gustoso tascabile in cui la prof.ssa Marina Addis Saba si propone di mettere meglio in luce gli stretti rapporti che legarono l’isola all’Eroe dei due mondi, solitamente non tenuti in ampia considerazione dalle biografie classiche.

L’opera è stata presentata a Sassari, il 25 giugno 1988, dalla prof.ssa Annita Garibaldi, docente di Scienze Politiche all’Università di Bordeaux.

Il secondo è un libro curato dal prof. Alberto Moravetti, che si inserisce nel ricco filone di pubblicazioni a carattere archeologico, per raccontare Il Nuraghe S. Antine Nel Logudoro-Meilogu.

Frutto del lavoro di dodici archeologi, il libro, corredato da un’ampia serie di foto, disegni e tavole, offre un quadro completo del nuraghe e della regione ad esso circostante fino all’età medievale.

1989

I cognomi della Sardegna costituisce una fra le pubblicazioni di punta sul mondo isolano, realizzata con un lavoro di grande precisione da Massimo Pittau, in quest’anno docente di linguistica sarda all’Università di Sassari ma già noto studioso della lingua e della civiltà della Sardegna.

Scorrendo le pagine degli elenchi telefonici delle diverse province è facile avere una visione d’insieme della mole di cognomi con i quali quotidianamente abbiamo a che fare.

Meno semplice è il compito di catalogarli e analizzarli singolarmente.

È quanto è stato fatto per questo libro, che di cognomi ne raccoglie ben cinquemila, in rigoroso ordine alfabetico e fornendo, per ciascuno, un’analisi etimologica e uno studio sull’origine.

Unico criterio di selezione è stato quello riguardante l’origine locale del cognome, che ha portato all’esclusione dei cognomi cosiddetti “importati” dalla penisola o da altri Paesi.

Del resto, una delle tesi che questo libro riesce a mettere in luce riguarda proprio la convinzione dell’esistenza di una cultura sarda, una identità propria dell’isola e, di conseguenza, anche di una sua lingua.

Emerge così una linea di congiunzione tra tutti i cognomi analizzati che rimanda ai tempi in cui Emidio De Felice riscontrava una straordinaria compattezza e coerenza nel sistema antroponomastico sardo.

Facciamo qualche esempio: Pittau, il cognome dell’autore, deriva da una forma “alla sarda” del nome Sebastiano;

ancora, l’aggiunta del “De” all’inizio del nome oppure di una “s” nel finale indicano l’appartenenza a una famiglia o casata, e in qualche caso la provenienza da un luogo: Demela, Demartis, Piras.

Tra le più importanti fonti consultate per questo lavoro di ricerca ci sono i condaghi, documenti e registri di origine bizantina e giudicale di cui i più antichi risalgono all’XI secolo.

Non manca però il ricorso anche a fonti di origine più recente fino ad arrivare, nei casi molto complessi e di difficile soluzione, all’arma segreta di ciascuno studioso: il proprio intuito e la capacità di tracciare linee di collegamento tra indizi sparsi e frammentari.

Un altro lavoro di faticosa ricerca, anche se di diverso genere, è rappresentato da un particolare dizionario dato alle stampe in questo stesso periodo: si tratta del Vocabolario italiano-sassarese antico e moderno scritto da Vito Lanza e arricchito da una presentazione di Aldo Cesaraccio.

Di questo lavoro (purtroppo attualmente esaurito, allo stesso modo del libro di Pittau) sarebbe auspicabile una ristampa, magari arricchita dalle varianti gergali nate negli ultimi anni.

L’opera di per sé rimane comunque altamente apprezzabile, presentando i vocaboli del sassarese (a detta dello stesso Cesaraccio) con «una ricchezza di espressioni che se non è definitiva poco ci manca.»

In tema di raccolte, segnaliamo anche Le monete della Sardegna romana, una brossura di 132 pagine arricchita da 22 tavole e 28 illustrazioni a colori, in cui l’autore Mariano Sollai affronta un «riesame sistematico di tutta la monetazione relativa all’isola che ci è pervenuta per il periodo della dominazione romana.»

Una descrizione tratta dalle parole di Piero Meloni, che del volume ha curato la presentazione.

Infine, chiudiamo il 1989 con due pubblicazioni di particolare spessore. La prima è Olbia e il suo volto, opera postuma di Luigi Panedda, illustrata con le foto di Nino Solinas, in cui l’autore condensa il frutto delle sue decennali ricerche sulle vicende passate e recenti della città e del territorio.

La seconda, ma non per importanza, è Il cervo sardo, autore Enea Beccu, dove in qualità di funzionario dell’Azienda foreste demaniali e responsabile del ripopolamento con cervi di alcuni boschi isolani, Beccu ha raccolto tutte le notizie sulla presenza di questo mammifero in Sardegna.

Il libro è un cartonato di 168 pagine, per la collana Animali di Sardegna, che raccoglie 152 fotografie.

Redazione

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