Enrico Valdès: “Andrà tutto bene”.
Lunedì 23 marzo 2020
È un lunedì caldo e luminoso d’inizio primavera.
Alle 8,30 esco dal portone di casa, all’angolo con via Bacaredda, diretto al mio studio medico, in prossimità di piazza Repubblica.
Ho la certificazione prescritta, e mi avvio a piedi in un percorso inizialmente lontano dalle strade centrali della città.
Salgo in via Ozieri dove, meno di un secolo fa, le centinaia di orti e giardini di Biddanoa confinavano con la piccola Cagliari di allora.
Oggi niente auto circolanti, i marciapiedi sono deserti, incontro solo una ragazza con la mascherina protettiva e un cane al guinzaglio, mentre, più in alto, un anziano col carrello della spesa scende al vicino mercato di San Benedetto.
Alla mia destra ammiro una bella villa dei primi del ‘900, confinante con il cortile del convento di San Mauro, circondato da alti muri e da un gruppo di oscuri cipressi.
All’incrocio con via Macomer s’intravvede la cupola ottagonale della chiesa francescana e, in alto, ai limiti del cielo solcato da voli di gabbiani, la Cittadella dei musei, abbarbicata alla rocca di Castello.
Proseguo lungo la via Ozieri totalmente solitaria.
Sollevo lo sguardo e, davanti a me, scintilla la cupola della Cattedrale di Santa Maria Assunta e il Palazzo Regio irto di antenne.
Sulla destra, sopra un intonaco giallo-ocra si leggono versi poetici su Biddanoa, che si concludono con “e poi questo muro era troppo pulito!”
Rami di limoni, carichi di pesanti frutti, sporgono da un muro di confine, mentre da un balcone miagola un gatto.
Uno slargo, e subito scendo verso via Bosa, simile a una rustica stradina di campagna, che fiancheggia l’imponente edificio del Sacro Cuore, dimora di monache e scuola, oggi silenziosa e vuota, dietro le sue inferriate.
Nel mio percorso lungo la via Tempio, spunta il campanile aguzzo di San Vincenzo de’ Paoli, e infine la chiesa di San Domenico con la moderna torre campanaria, la scalinata e, sulla facciata, lo stemma dell’Ordine religioso.
A fianco di uno spazio sfregiato da oscuri graffiti, fa mostra di sé un parcheggio d’auto, davanti ai muri delle case che mostrano le antiche ferite, mai rimarginate, dei bombardamenti del ‘43.
Mi inoltro nella vicina piazzetta, con panchine e alberi, circondato da piccole abitazioni a due o tre piani, dagli intonaci colorati di celeste, giallo, verde, rosso-mattone e rosa.
Balconi fioriti e fioriere stanno accanto agli usci, ma i negozietti, i ristoranti, i piccoli locali di ritrovo, sono inesorabilmente serrati, con cartelli e avvisi.
Su un telo qualcuno ha scritto, come fosse un arcobaleno, che Andrà tutto bene.
Prima di attraversare quello che fu il Portico Romero, incontro due o tre persone in attesa davanti a un negozietto di frutta e verdura, ricordo delle molte botteghe di alimentari e d’artigiani, che animavano un tempo il quartiere di Villanova.
Anche la centralissima via Garibaldi è vuota e silenziosa.
Mi dirigo verso la via Oristano, lasciando sulla destra il bel palazzo della farmacia che, con l’edicola, è là da sempre.
Arrivo in piazza Gramsci, con i suoi imponenti ficus e le moderne panchine, che portano incise frasi di Antonio Gramsci.
Una di queste ci raccomanda: Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza.
La via Sonnino, una delle strade più trafficate della città, è ora percorsa da pochi mezzi e da rari passanti frettolosi.
Attraversandola, lo sguardo arriva fino al mare, indifferente alla nostra sorte e alle nostre paure.
Davanti a me incombe il Comando regionale dei carabinieri, con in cima quattro imponenti statue in bronzo, e delle scritte con i motti dell’Arma.
Sono ora in via Grazia Deledda, prossimo alla mia meta.
Alla destra si estende la sede storica del Liceo Scientifico “Antonio Pacinotti”, color ocra e con modanature in mattoni.
Alla sinistra, dove un tempo ci attendeva il mitico cinema Ariston, s’eleva un moderno palazzo di uffici pubblici, chiuso fino al 4 aprile, c’è scritto.
Son giunto in piazza Repubblica, fino a un mese fa brulicante di vita, oggi avvolta da una cappa di straniamento.
I pochi passanti appaiono assorti nelle loro preoccupazioni, incerti da dove possa giungere l’invisibile nemico che ruba il respiro.
In fondo, sul grigio palazzo della legge, risalta in lettere cubitali: IVSTITIA.
Fotografie di Susanna Piga