Esodo. Di Marco Pinna

Esodo. Di Marco Pinna
L’obiettivo, la meta di tutto questo dolore e travaglio non può essere soltanto il legittimo desiderio di poter finalmente uscire dalle nostre case.

Negli Atti degli Apostoli (6), si legge che i 12 scelsero altri 7 discepoli ( i Diaconi ), per la predicazione della Parola.

Perché questa scelta, cosa significano questi numeri?

Nell’ascoltare le Scritture, dovremmo sempre tenere presente che nessuna parola, riferimento, descrizione…numero! Si trova lì per caso.

Ogni dettaglio, concorre alla composizione del Disegno.

I numeri, in particolare, rivestono un significato simbolico importantissimo: “se vuoi raccontare, devi prima contare”!

7 e 12, risultano entrambi dalla relazione del 3 con il 4: in un caso si sommano, nell’altro esprimono un prodotto.

Il 3 è il numero dello Spirito, il 4 il numero della Materia.

Il loro rapporto simboleggia pertanto la dialettica tra Spirito e Materia, Anima e Corpo, Cielo e Terra, Femminile e Maschile, Luce e Tenebre, Orizzontale e Verticale.

L’Uomo, espresso dal numero 5, è chiamato a realizzare la sua essenza, componendo l’antinomia tra il 3 e il 4, divenendo manifestazione e strumento al tempo stesso della “ coniunctio oppositorum”.

Ecco che quindi il numero 7 costituisce la “traccia”, il sentiero, la Via, di tutti i percorsi di Redenzione, di Ascesi e di Salvezza.

Sette sono i Cieli che l’Anima attraversa nella sua “discesa” al mondo e deve “ripercorrere” per tornare alla sua Origine (Redenzione), che quindi definiscono lo “spazio” del suo cammino, come sette sono i giorni che ne definiscono il “tempo”.

Sette sono i peccati capitali che la inchiodano alla materialità, ma sempre sette i Doni dello Spirito Santo che la elevano alla Luce.

Sette le fasi dell’Opera Alchemica, che portano alla sintesi della Pietra Filosofale.

Sette i gradini della Scala Coeli.

Sette i colori, sette le note musicali.

Sette gli intervalli di frequenza di una vibrazione, oltre i quali la vibrazione medesima raddoppia realizzando il cambiamento di stato: ad esempio il passaggio del ghiaccio ad acqua, e dell’acqua a vapore.

La dialettica del 3 col 4, si esprime numericamente nel 7 e geometricamente nella relazione tra cerchio e quadrato (ad es. la figura dell’arco romano, dove il semicerchio è il 3, e la sezione rettangolare il 4, come teorizzato da Cosma Indicopleuste), nonché tra sfera e cubo.

Il 3, numero Spirituale e maschile, fecondando il 4, numero Materiale (mat- suffisso matrice, mater..), e femminile genera e ripristina l’Unità originaria:
la quadratura del cerchio.

O ancora: la perfezione dell’Ermafrodita, il ritorno di Eva in Adamo, la sintesi sapienzale di Hermes e Afrodite, la cessazione di ogni antinomia.

Il prodotto è sempre superiore alla somma, tale quindi il 12 rispetto al 7.

Se 7 sono i Cieli, 12 sono gli Spazi Zodiacali che definiscono il Cosmo nella sua totalità.

Perché gli Apostoli sono 12?

Perché Cristo, è venuto a salvarci, a sottrarci alla schiavitù del Tempo e dello Spazio, quindi della fine, della morte.

La Forza (dinamis…) che infonde negli Apostoli, tras-forma la relazione del 3 col 4, sottraendola al potere del molteplice e del divenire.

Cristo viene a liberarci dal destino, simboleggiato dall’influenza dei pianeti e dei segni zodiacali, (gli Astri e i loro influssi materiali, le Potenze, in greco Arconti, che ci incatenano al ciclo del divenire e della fine), per trasferirci nelle braccia della Provvidenza, collocandoci nel disegno Divino della Salvezza, della Redenzione.

Gli Apostoli (12 ), e i Diaconi da essi scelti ( 7 ), sono strumenti e veicoli di questa tras-formazione.

Che si compie nel ed è espressa dal numero 8.

L’ottavo giorno, è quello che ci proietta nell’eternità, fuori dalla tirannia del tempo, nella Luce della Ri-generazione, della Resurrezione.

L’ottavo Cielo, quello delle Stelle Fisse, ci conduce fuori dal dominio dello spazio e della instabilità del molteplice (i pianeti si muovono; le stelle, invece, appunto fisse…).

La Natura Ottava, rappresenta e costituisce il “salto di vibrazione”, quello che, ad esempio, nella scala musicale, o in quella fisica, cambia il giro armonico, o lo stato della materia (ghiaccio/acqua/vapore).

Ecco perché le fonti battesimali e i battisteri, sono ottagonali.

Ma perché l’ esodo?

Uno dei 7 diaconi, era Stefano.

Stefano (l’incoronato), è stato il protomartire Cristiano, ovvero il primo Cristiano martirizzato. Dopo il suo arresto, una volta portato in tribunale per esservi giudicato, scelse di difendersi citando brani e personaggi dell’Antico Testamento: Genesi; Esodo.

Non parlò di sé, non cercò di argomentare, esprimere motivazioni, spiegazioni.

Non si rifece alla predicazione del Cristo.

Ma narrò, brevemente, l’Esodo.

Perché?

Le Scritture dovremmo sempre accoglierle in “Illo Tempore”.

Ascoltarle…e viverle!…ben oltre il loro significare sul piano Storico, ma proiettarle nella profondità del nostro vissuto, del nostro animo.

Siamo tutti chiamati all’Esodo, e forse mai quanto e come in questo contesto ed in questo momento.

Chiamati ad abbandonare l’Egitto, che però non deve essere inteso solo come un luogo geografico: è la materialità, il molteplice, la schiavitù dei sensi, dei concetti e delle abitudini.

E a dirigerci verso la Terra Promessa.

Siamo quindi noi Israele, oggetto della Chiamata.

Ma Israele, di nuovo, non è solo una Nazione, un Popolo: è il nome che l’Onnipotente conferisce a Giacobbe, dopo una notte di “lotta” durissima tra lui e l’Onnipotente stesso ( Genesi; 32, 23-33).

Lotta durante la quale Giacobbe, duramente colpito, viene azzoppato, ma non cede, perché vuole essere Benedetto dal Signore, che lo mette alla prova.

Alla fine, l’Onnipotente, di fronte alla sua tenacia e perseveranza, lo benedirà chiamandolo appunto Israele, perché ha lottato e perseverato nella Fede.

Israele/Giacobbe, siamo, possiamo, dobbiamo essere noi!

Ciascuno di noi!

Azzoppati, certo, ovvero consapevoli che non col nostro “passo”, non con le nostre forze ci possiamo salvare, ma solo attraverso la Grazia.

Ma per ricevere questa Grazia, siamo chiamati a lottare, a impegnarci.

Soprattutto quando siamo avvolti dalle tenebre.

Come adesso!

Israele/Giacobbe, è chiamato, quindi noi siamo chiamati all’Esodo.

E’ questa la nostra più autentica e profonda vocazione, questo il solo possibile senso, il solo possibile compimento.

Via dal vecchio, dai lacci, laccioli, impedimenti, per camminare verso il Nuovo, la Terra promessa.

Sempre affidandoci alla Grazia, ad una guida.

Non vi è Esodo possibile con le nostre forze: Israele ha avuto Mosè, noi, abbiamo il Cristo, “ Via, Verità e Vita!”.

Siamo chiamati a lasciare, per poter giungere.

Lasciare tutto, finanche il padre e la madre (Mc 10,7).

Ma cosa vorrà significare abbandonare i propri genitori?

Non quelli che ci hanno portato alla vita, bensì quelli che strutturano il nostro ego: la mente e i sensi, sono il “padre e la madre”, che siamo chiamati ad abbandonare per intraprendere il nostro Esodo verso la Terra Promessa.

Siamo Giacobbe/Israele.

Siamo Stefano.

Siamo chiamati, posti davanti al tribunale della Vita, con le sue prove ed i suoi giudizi, durissimi e inappellabili.

Adesso, qui e ora.

Possiamo scegliere.

Se restare in Egitto.

O metterci in cammino.

Il cammino è duro, lungo, faticoso…dobbiamo “risalire” ad una ad una tutte le 7 tappe.

Non ce la faremo mai con le nostre forze.

Quale sia la Guida, la Via, la Verità e la Vita, lo sappiamo.

A noi la scelta.

L’obiettivo, la meta di tutto questo dolore, di tutto questo travaglio non può essere soltanto il legittimo desiderio di poter finalmente uscire dalle nostre case.

Ma è oltre, al di là.

Facciamo nostro l’invito del Padre ad Abramo: “Esci dalla tua Terra, lascia la tua Famiglia e va’ nella Terra che io ti mostrerò “ ( At. 7,3 ).

Oltre l’Egitto, oltre la materialità, oltre il molteplice, oltre i concetti, gli schemi, le abitudini.

Oltre noi stessi intesi come egoità, psicologismi abbarbicati all’effimero e dimentichi della propria vera natura, quella Perla per cui siamo chiamati a distaccarci dal nulla, per andarne alla ricerca.

Perché questo è l’Esodo, questo lo definisce: il ricercare.

Sempre, ovunque e comunque ricercare, citando Padre Bernardo, Abate di S. Miniato al Monte: “Alla ricerca di Dio. Principale indizio: l’umano”.

E allora insieme a Stefano, finalmente “ vedremo i Cieli aperti…” ( At. 7, 56 ).
Nella Fede, questa non è una Speranza.
E’ una Certezza.

Marco Pinna

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