Marco Pinna: “Il linguaggio silenzioso delle pietre” (2).

Marco Pinna: “Il linguaggio silenzioso delle pietre” (2).

Il Protoindoeuropeo, ovvero la “madre” delle lingue indeuropee, ci ha lasciato un morfema di straordinaria rilevanza in termini di significato: “RT”.

Semplificando, possiamo affermare che va ad indicare l’essenza ultima dell’Ordine Cosmico, riassumendo in sé le nozioni di Bene, Giusto, Retto.

Quanto questo abbia condizionato e permeato il nostro linguaggio e la nostra cultura, ce lo rivelano un’infinità di parole: retto, corretto, dritto, diritto, ortodosso, arte, aritmetica, ritmo…rito!…tutto ciò e molto altro è RT.

Compreso l’ortostato!

La pietra conficcata nel terreno, non è più semplice materia, ma tramite.

La pietra conficcata nel terreno, isolatamente come betilo, assemblata con altre in costruzioni sempre più complesse, fino a giungere alla straordinaria stagione delle Cattedrali Gotiche, veri e propri Libri di Pietra, consente di porre in comunicazione il Cielo con la Terra, di superare e ricomporre le antinomie, di congiungere gli opposti.

Se il diavolo risulta l’artefice della divisione ( dal greco dia-ballo, dividere appunto ), attraverso la pietra/simbolo ( sun-ballo, ri congiungere ) si ricompone l’Unità primigenia.

Ma ecco allora che l’ortostato adempie pienamente alla sua essenza, laddove si produce anche il rito.

Se la pietra rappresenta la versione statica del simbolo, il rito ce ne restituisce quella agita.

La scelta del luogo dove la pietra viene collocata, l’orientamento, l’assemblamento e il progetto architettonico: tutto questo, ma ovviamente non solo, configura il rito.

Ed è a questo proposito che una visione sincronica è opportuno ci soccorra nell’avvicinarci al linguaggio silenzioso delle pietre.

Il Sacro permeava profondamente la quotidianità dell’Uomo, che vi si relazionava attraverso la ritualizzazione delle sue attività. Tutte. Ad esempio nell’edificazione.

Come già accennato si può considerare relativamente recente la perdita del quotidiano contatto con la sfera del Sacro. Secondo Guenon, si potrebbe prendere, come riferimento cronologico formale, la pace di Westfalia (1648) al termine della guerra dei Trenta Anni, che sancì formalmente la netta e definitiva separazione tra sfera politica e religiosa ( R. Guenon, Considerazioni sulla via Iniziatica; pag. 231).

Chiaramente non vi è la benché minima intenzione, in questo scritto, di entrare nel merito di una valutazione di questi eventi e del loro significato storico, politico e culturale.

Interessa invece richiamare l’attenzione sul fatto che, quali ne siano le motivazioni, nel giro di pochi secoli, quindi storicamente poco più di un battito di ciglia se si considera che per millenni sono stati radicati comportamenti e stili di vita radicalmente diversi, si sia aperta una profondissima linea di frattura tra il quotidiano vivere e la dimensione del Sacro, con relativa perdita della capacità di cogliere e cum prendere il linguaggio simbolico che ne era l’unico tramite.

La ratio non ha solo prevalso sull’intellectus: lo ha letteralmente annichilito.

Non può quindi sorprendere che nel comune sentire due dei momenti storici con la più intensa fioritura simbolica, particolarmente, anche se non solo, espressa attraverso le pietre, risultino considerati tra le fasi più involute dell’Umano percorso.

Mi riferisco al Neolitico ed al Medio Evo.

Invece in poche stagioni, come queste, soprattutto per quanto riguarda la seconda nel cosiddetto basso Medioevo, l’Uomo ha manifestato una vivissima e fertile capacità di esplorare, e appunto cum prendere, fuori e dentro di sé.

E non può non essere rimarcato il quanto e il come proprio nel Medio Evo vi sia stata una straordinaria opera di recupero ed integrazione nella cultura e ritualità cristiana, di simbologie e riti che affondavano le radici proprio nel Neolitico.

Il Romanico prima e successivamente il Gotico narrano, silenziosamente, attraverso le pietre, esattamente questa sintesi, capace di coglierci e parlarci nel profondo, anche nostro malgrado.

Come, luminosamente, seppe chiosare S. Bernardo: “Occorre che in noi si
compiano spiritualmente i riti di cui queste mura sono state oggetto
materialmente
…”

Il Medio Evo simbolico supera, in quanto a capacità di significare, quello cronologico, con un afflato che profuma di eterno.

Entrare in una Chiesa Romanica o in una Cattedrale Gotica ci comunica, immediatamente e intensamente un messaggio, produce in noi un coinvolgimento, che, ad esempio, non si verifica in una Chiesa Barocca.

Le medesime considerazioni, valgono per le opere in pietra del Neolitico e della prima età del Bronzo, anzi si potrebbe dire a maggior ragione, se si considera, come prima esposto, quanto e come il Medio Evo abbia attinto alle profondità simboliche di questo periodo.

Il fatto è che l’iconografia simbolica risulta un linguaggio affine all’Universale.

Concepito e realizzato con l’intento, appunto, di significare.

Un linguaggio particolare, certo, che richiede differenti modalità di approccio rispetto a quelle ordinariamente utilizzate.

Si deve posare la testa, o metterla sotto il braccio.

Vi è bisogno di silenzio.

Un silenzio interiore, perché se si vuole vedere, cogliere, bisogna innanzitutto ascoltare.

La pietra, singolarmente infissa come un menihr, o assemblata in raffinati e complessi insieme come le Cattedrali Gotiche, non riveste mai, in alcun
aspetto, un valore puramente ornamentale.

La scelta del luogo, in relazione alle correnti telluriche, alla rete di Curry, alla rete magnetica di Hartmann, ai flussi delle acque sotterranee : abbiamo perso le capacità di avvertire e localizzare queste forze.

Che eppure esistono, agiscono, condizionano.

Un gatto preferisce sempre quel dato posto in una casa, in un luogo, esattamente per le stesse ragioni, per il medesimo sentire, per cui si collocava una pietra o costruiva un tempio in una determinata posizione.

Ancora: l’orientamento in relazione al moto degli astri, con la possibilità di individuare con precisione le date dei solstizi, degli equinozi.

L’Uomo, il Tempo, le Stagioni.

L’Uomo in relazione al Cosmo.

Ma tutto questo, già così straordinariamente significante, non basta.

Il progetto, la planimetria, la disposizione degli ingressi e delle fonti di luce, ogni forma, ogni dettaglio, dalla semplice decorazione alla realizzazione della più complessa e ardita concezione architettonica, risulta conforme al linguaggio della Geometria Sacra, in base al principio che il Tutto trova armonia secondo “numero, pondere et mensura “ ( Sap. 11,20 ), realizzando un sublime equilibrio che ci parla attraverso il numero (“se vuoi raccontare, devi prima contare”), in grado di coglierci nel profondo anche laddove non ce ne rendiamo conto.

Ma la pietra non configura solo la Forma, bensì anche la Vibrazione.

“… L’uomo del periodo Romanico coglie un rapporto fra il ritmo dell’anima dell’universo ( Anima del mondo ) ed il ritmo della propria anima.

Possiede il senso dell’analogia tra la struttura del Cosmo e la propria struttura.

Questo ritmo appare ancor più reale in quanto può cogliere la periodicità della natura attraverso il volgere delle stagioni e l’alternarsi del giorno e della notte.

La conoscenza della natura gli insegna che tutto è rapporto e proporzione…ritroviamo questo linguaggio ritmico nella frase latina dei teologi, dei prosatori e dei poeti, che ricorrono a vari procedimenti per creare il linguaggio ritmico, che può essere colto tanto con gli occhi, quanto con le orecchie e può essere toccato…

… la musica si basa sulla proporzione, quest’ultima è alla base delle forme.

Il ritmo, dipende dal numero…” (M. M. Davy, Il Simbolismo Medievale, pag. 158; 253 ).

La musica, insomma, risulta costituita anche da intervalli, spazi, come teorizzato dai pitagorici, i cui ritmi sono geometricamente riproducibili, quindi architettonicamente realizzabili.

Ed ecco che attraverso le pietre si compone e realizza una Divina Sinfonia, espressa attraverso simboli aritmetici, geometrici, astronomici e musicali, che vanno ad armonizzarsi in un determinato luogo, sia attraverso simboli statici, sia mediante simboli agiti, ovvero i riti.

Il rito si fonde e armonizza al simbolo, realizzando la pienezza del significare.

Fine seconda parte.

Marco Pinna

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