Marco Pinna: “Il linguaggio silenzioso delle pietre” (3).

Marco Pinna: “Il linguaggio silenzioso delle pietre” (3).

Il rito si fonde e armonizza al simbolo, realizzando la pienezza del significare.

Come dimostra, ad esempio, il Canto Gregoriano.

La sonorità, in questo caso, riveste la sua principale capacità di significare nella vibrazione che produce, e che, soprattutto in quel e attraverso quel determinato contesto architettonico, riesce a cogliere e letteralmente trasformare la nostra interiorità.

Ecco perché per certi versi la Musica Sacra risulta sostanzialmente intraducibile.

Gli Inni Vedici, ad esempio, significano primariamente nella loro sonorità, nella loro vibrazione. Quanto possiamo fruirne dalla traduzione del testo, risulta assai parziale.

La stessa considerazione vale per la liturgia tradotta dal latino.

La vibrazione ha una valenza ed un significato che prevalgono sulla parola.

La potenzialità e la potenza del connubio simbolo / rito si manifestano comunque, anche se ne rimaniamo inconsapevoli, ma certamente tanto più quanto più riusciamo a renderci disponibili attraverso il Silenzio Interiore, posando la testa.

Ed allora diviene possibile esperire la costruzione in pietra come un Inno, di una musica non udibile con le orecchie.

Come detto, si è andata via via perdendo la capacità di cogliere questo significare.

Eppure l’Uomo ha bisogno, di più: ha letteralmente fame! Di simboli che riescano a riunirlo al profondo.

Ove il contatto con la dimensione altra venga meno, il rischio è che simbologie deteriori si impadroniscano, letteralmente, del singolo e delle collettività.

La devastante lezione del nazismo, sotto questo aspetto, probabilmente non è stata ancora pienamente compresa.

“ Le antiche religioni, con i loro simboli sublimi e ridicoli, bonari e crudeli, non sono cadute dai cieli ma sono nate in quest’anima umana, la stessa che vive ancora oggi in noi.

Tutte quelle cose, le loro forme primordiali, vivono in noi e possono in qualunque momento assalirci con forza distruttiva, in forma cioè di suggestione di massa, contro la quale il singolo è inerme.

I nostri terribili dei hanno soltanto cambiato nome e rimano tutti in ‘ismo’”.

(C. G. Jung; “Civiltà in transizione. Dopo la catastrofe”, in Opere; vol. X; TII; pag.80).

In questo senso Jung cita più volte nei suoi scritti l’aforisma Extra Ecclesiam nulla salus, laddove Ecclesiam si vada ad intendere in senso lato, come dimensione del Sacro.

Ascoltare il linguaggio silenzioso delle pietre.

E perché sia possibile, ovviamente, la conoscenza dell’alfabeto, della sintassi che gli sono propri, risulta fondamentale.

Visitare, ancor meglio: vivere, sentire! Quei luoghi in cui si trovano tracce e percorsi, testimonianze ancor oggi vive e fruibili del costituirsi del linguaggio attraverso le pietre, rappresenta una straordinaria opportunità per un viaggio “A rebours”, alla ri (?) scoperta delle nostre più profonde radici.

Ed ecco, a concludere questo tempo che abbiamo trascorso insieme, il tentativo di una risposta se pur parziale, alla domanda del bambino, all’interno della torre nuragica: che significa?

Si stima, ad oggi, la presenza di circa 10.000 torri nuragiche.

Ma sicuramente erano molte di più.

Con una densità, di un nuraghe ogni 4,81 Kmq, che riesce a trovare una sola possibile logica spiegazione: ritualità.

E insieme alle Torri un numero di pozzi Sacri che di nuovo non trova analogo riscontro in alcun luogo al mondo.

E tombe, dette dei giganti, per lo loro particolare e di nuovo singolare complessità realizzativa.

E dentro le torri cupole, raffinatissime, costruite, cito testualmente: “ …con la stessa tecnica dell’arco orizzontale, utilizzata dal Brunelleschi per Santa Maria del Fiore…” (F. Laner, docente di tecnologia dell’architettura a Venezia, in “ Accabadora”, pag. 22 ).

E ancora: sulla sommità della cupola, una pietra amovibile, consente di aprire al Cosmo, la volta architettonica, realizzando “l’occhio del cielo”, contenuto simbolico di altissimo significato, presente nel Pantheon, nella cupola della Cattedrale di Firenze, nel celeberrimo dipinto di Bosch, per fare alcuni esempi.

Ma non basta: scale spiraliformi, percorsi circolari, aperture per convogliare la luce astronomicamente orientate.

E pozzi, dentro le torri, a comporre quella triade simbolica caverna / pietra / acqua, che così profondamente attraversa il significare nella Storia.

Questo immane sforzo costruttivo che per oltre un millennio ha caratterizzato la Terra di Sardegna, non costituisce solo Storia, incomprensibilmente e sempre più intollerabilmente relegata a poco più che folklore.

Rappresenta un alfabeto, una sorta di gigantesca e diffusa “Stele di Rosetta”, che nell’essere vissuta, ancor più che decifrata, nel suo universale significare, ci aiuta a cogliere i primi vagiti del costituirsi di quel linguaggio simbolico di cui abbiamo brevemente descritto tutta la sua valenza Universale.

Tra quelle pietre, ascoltandone il silenzioso linguaggio, ritroviamo un profondo contatto con le nostre più antiche e profonde radici.

Tra quelle pietre, possiamo imparare a conoscere noi stessi.

Fine terza e ultima parte.

Marco Pinna

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